CARBONIO
L’opera mette in scena un mito di creazione come immagino possa essere una cosmogonia post apocalittica di un umanità futura. Il racconto inizia nel luogo in cui convergono l’estinzione e la creazione dei nuovi umani:
“Alla fine rimase un deserto arido, e così all’inizio: c’era solo sabbia ed un vento caldo. Nessun essere vivente, solo la Regina della terra era presente, un’ essenza di morte e rinascita, divinità protettrice degli uomini e della loro casa. Era caduta in un sonno carbonizzato dalla stoltezza degli uomini. Al suo risveglio solo sabbia ed un vento caldo. Il vento soffiava l’amaro sapore della distruzione reciproca. Un fallimento di bestie incapaci di amarsi.”
Un istante di silenzio assoluto, come il silenzio successivo alla deflagrazione di una bomba nucleare. Tutto si interrompe per una frazione di secondo, come se ogni cosa restasse sospesa. La scena mostra all’osservatore questo attimo di silenzio come ingrandito dalla lente di un microscopio: il paesaggio è post apocalittico, eterno, ovattato. In questo spazio è collocato un corpo impietrito, nero, come carbonizzato.
Unica figura sulla scena è un personaggio femminile nudo, la cui pelle è ricoperta di nero. Desidero creare uno scenario arcaico e post apocalittico al contempo. Gli elementi compositivi sono il corpo, una selezione musicale di suggestione rituale e qualche verso (in lingua originale) tratto dall’ Odissea.
La composizione si pone l’obbiettivo di stimolare un’attenzione continua nel pubblico attraverso l’impiego di registri ritmici differenziati che includono momenti di stasi prolungata. Sono ricercati, attraverso il movimento, elementi che sostengano la creazione di un personaggio enigmatico.
Coreografia/interprete Jessica De Masi
Produzione Twain centro di produzione danza
Con il supporto di Collettivo Snowapple (NL)